Daphne gnidium

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Gnidio
Daphne gnidium
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superrosidi
(clade)Rosidi
(clade)Eurosidi
(clade)Malvidi
OrdineMalvales
FamigliaThymelaeaceae
GenereDaphne
SpecieD. gnidium
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
OrdineMyrtales
FamigliaThymelaeaceae
GenereDaphne
SpecieD. gnidium
Nomenclatura binomiale
Daphne gnidium
L.
Nomi comuni

erba corsa
dittinella
troiscu
vàregu

Lo gnidio o erba corsa (Daphne gnidium L.) è un arbusto sempreverde della famiglia delle Thymelaeacee, diffusa nel bacino del Mediterraneo[1].

Descrizione

Caratterizzato dai rami molto eretti (circa un metro e mezzo di altezza), dal denso fogliame e da piccoli fiori bianchi.

  • Fioritura
    Fioritura
  • Bacche non mature
    Bacche non mature

Distribuzione e habitat

La specie è diffusa in Europa meridionale (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Albania, Grecia) e Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia) nonché nelle isole Canarie[1].

Cresce nella macchia mediterranea, molto diffusa anche nei terreni incolti e rocciosi oppure incendiati e degradati.

Usi

In Sardegna (nota anche come "truvusciu") veniva impiegata per la lavorazione dell'orbace (lana grezza), ha infatti eccellenti proprietà tintorie in diverse tonalità di giallo e grazie alle sue proprietà antisettiche serviva per azzerare la presenza di microorganismi o di germi patogeni.

Le bacche contengono sostanze tossiche, venivano utilizzate per avvelenare le acque e stordire i pesci nella pesca di frodo[2], in particolare dell'anguilla (pesca vàregu). Nelle radici è contenuta una sostanza urticante.

Anticamente i rami, abilmente scorticati, venivano usati per il confezionamento di cestini.

Note

  1. ^ a b (EN) Daphne gnidium, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 5 aprile 2023.
  2. ^ F.Mearelli e C.Tardelli, Maremma mediterranea in "Erboristeria domani", luglio-agosto 1995.

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